(di Manuela Tulli)
"Le condizioni di
lavoro ledono la dignità e la salute di ciascun lavoratore. È
evidente la mala gestio, che sarebbe ancora più grave se fosse
frutto della sola logica di ottenere maggiori guadagni". E'
quanto scrive in una istanza l'avvocata Laura Sgrò, alla quale
si sono rivolti 49 dipendenti dei Musei vaticani — 47 custodi,
un restauratore e un addetto al bookshop (su 700 totali) —, che
oggi minacciano di portare in tribunale il Vaticano, se non
verranno cambiate alcune regole che disciplinano il lavoro
all'interno della Santa sede. A lanciare la notizia è stato oggi
il Corriere della Sera definendo l'azione come "la prima class
action di cui si ha notizia tra le mura di San Pietro".
Ma il malessere serpeggia anche in altre aree di lavoro tanto
che l'associazione dei dipendenti laici (l'Adlv) dice senza
tanti giri di parole: "C'è chi rifiuta ogni forma di dialogo".
Il dito è puntato contro il Governatorato, l'ente che disciplina
i rapporti con i lavoratori dello Stato più piccolo del mondo.
Anche per quanto riguarda il caso specifico dei Musei, di fatto
la 'cassaforte' del Vaticano con le file di turisti infinite e
con prenotazioni online esaurite per mesi, l'istanza sarebbe
stata notificata nei giorni scorsi proprio al cardinale Fernando
Vèrgez Alzaga, presidente del Governatorato. E' un tentativo di
conciliazione per il quale alla controparte vengono dati trenta
giorni di tempo, pena l'apertura di un vero e proprio
procedimento giudiziale.
Tra i rilievi contenuti nell'istanza la mancanza di una
fascia oraria per le visite mediche fiscali in caso di malattia,
il non corretto pagamento degli straordinari, gli scatti di
carriera mancati (dal 2021 al 2023) e una decisione assunta nel
periodo del Covid, nel quale i Musei sono rimasti chiusi, ovvero
un "avviso debito d'ore" per i dipendenti rimasti forzatamente a
casa durante la pandemia, che ha determinato su ciascuno "un
monte ore negativo". Per ripagarlo viene trattenuta una somma
dalla busta paga "fino all'esaurimento del debito".
In pratica, in assenza di ammortizzatori sociali, a pagare le
chiusure per il Covid sarebbero, anche se con un onere spalmato
negli anni, gli stessi lavoratori. E chi nel frattempo è andato
in pensione si è visto trattenere - riferiscono fonti
dell'associazione dei dipendenti sottolineando che questo
meccanismo è stato applicato anche in altri uffici che chiusero
per la pandemia - il "monte ore negativo" dalla liquidazione.
L'associazione, che conta oltre 500 dipendenti (sui 4mila
totali) spera ancora nel "dialogo" e di non ricorrere agli
strumenti giudiziali come invece vorrebbero fare i 49 lavoratori
dei Musei. Per questo si riunirà in assemblea a giugno. Ma è
chiaro che la class action sotto le volte della Sistina potrebbe
fare da apripista in un contesto di malessere diffuso.
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